La bellezza come antidoto alla guerra
Quasi mai si pensa al contesto storico e sociale in cui tali esempi nascono e si evolvono e all’influenza che gli eventi esterni possono esercitare sul progredire dell’estetica sia come concetto in sé che come elemento applicato alla realtà. In questo primo numero vorremmo concentrarci in particolare sull’estetica degli anni 40, cercando di capire come il conflitto bellico abbia influito sulla bellezza e sulle sue diverse declinazioni in questo decennio. Per affrontare un viaggio così complesso ed articolato non potevamo non rivolgerci ad Antonio Ciaramella, massimo esperto italiano del make up storico e autore di libri del settore che restano tra i testi di riferimento più importanti a livello internazionale. Il suo “Make up: 100 anni allo specchio” è considerato un vero e proprio caposaldo per chiunque voglia approcciarsi alla materia ma anche per i professionisti che non vogliono smettere di imparare e di formarsi: irrinunciabile dunque se si è amanti del make up! Lasciamo quindi la parola ad Antonio e cominciamo a guardarci indietro!
Ciao Antonio, pensi che dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale la bellezza si sia in qualche modo “arresa” un pò ovunque alla guerra o abbia al contrario reagito?
Assolutamente si. La reazione c’è stata anche se declinata in maniera diversa a seconda del contesto in cui ci collochiamo. In America ad esempio fu violenta e fortemente attiva. Basti pensare al fatto che tutte le fabbriche, anche quelle che prima producevano cosmetici, furono convertite in assetto di guerra; quindi l’alluminio con cui venivano realizzati i pack dei prodotti cominciò invece ad essere usato per produrre strumenti a scopo bellico. Questo portò ovviamente ad un cambiamento del cosmetico sia in termini di valore di mercato, sia in termini propriamente “visivi”; le confezioni infatti divennero molto più semplici ed economiche, poiché dovendo impiegare il metallo per la guerra, si prediligevano materiali come la plastica o il cartone pressato. Ma nonostante questo le donne non rinunciarono mai al prodotto cosmetico.
Possiamo quindi dire che il cosmetico per certi versi racconti e descriva l’andamento degli eventi storici?
Ti rispondo illustrando un dato fondamentale di questo preciso contesto storico e sociale; negli anni ‘40, solo negli Stati Uniti, vennero venduti 20 milioni di rossetti; questo significa che nei momenti di crisi economica il settore che non crolla ma che al contrario risulta essere più in crescita, è proprio quello cosmetico! Questo indice di mercato ha un nome ben preciso, si chiama LIPSTICK EFFECT e credo che dia una fotografia completa di quanto stiamo analizzando.
E in Europa invece?
La situazione era molto diversa. L’Europa rimase infatti ferma. Le donne non pensavano affatto al loro aspetto in chiave glamour né tantomeno al makeup. I cosmetici erano appannaggio delle sole donne di spettacolo, e le poche donne comuni che si interessavano alla cosmetica si limitavano a comprare la cipria al mercato nero, a loro rischio tra l’altro, soprattutto per la salute! Non era infatti così raro trovare all’interno della cipria acquistata sottobanco, elementi dannosi come addirittura la calce.
Quali erano le icone femminili di questi anni?
Ce ne sono moltissime. Citerei tra tutte Veronica Lake. Una tipologia di bellezza nuova, diversa che incarna nuovi linguaggi del corpo femminile. Con lei per la prima volta i capelli delle donne diventano lunghi ma soprattutto si sciolgono, è lei a lanciare la famosa frangetta che copre il viso, la “peek a boo bang” e con essa tantissime nuove mode. Lei, come tutte le altre dive di questo periodo, erano a tutti gli effetti le influencers del passato.
Quali erano i passaggi fondamentali che la donna anni ‘40 eseguiva per realizzare il suo trucco?
Innanzitutto voglio fare una premessa importante. Negli anni ‘40 non era solo la donna a prendersi cura di sé. In questo periodo nasce la cosmetica maschile (questo discorso vale solo per l’America ovviamente): i prodotti erano in realtà i medesimi della routine femminile ma chiaramente per renderne l’uso socialmente accettabile anche da parte degli uomini ne vennero semplicemente modificati i nomi. Ecco quindi che la crema idratante per il viso divenne il dopobarba e così via.
Hai parlato di routine, o sbaglio?
Esattamente e non a caso. I Westmore, famiglia di truccatori che in questi anni rafforzò il modo di concepire il make up definendo la color harmony come superata, stabilirono infatti una vera e propria sequenza che la donna doveva rispettare quando realizzava il proprio maquillaje. Illustrarono quindi alle donne di tutto il mondo le 10 regole per il trucco perfetto che sono spiegate in maniera completa nel mio libro ma che vi riassumo brevemente: si partiva chiaramente dalla pulizia della pelle per prepararla al trucco (1), si passava poi all’applicazione del fondotinta/Pan Cake (2) e del rouge in base alla fisionomia del viso (3) e in accordo con il colore del proprio incarnato (4). A questo punto si poteva procedere con l’applicazione dell’ombretto (5) e della cipria (6) in questo preciso ordine, sfumando il primo verso il sopracciglio (di giorno si prediligevano colori più leggeri mentre di sera si preferivano quelli più marcati) e applicando la seconda con un piumino di velluto. Infine si completava il tutto con la matita per le sopracciglia (7) sempre in maniera correttiva e con il mascara (8) preferibilmente marrone di giorno e solo sulle ciglia superiori! Ultimi due passaggi erano una seconda passata di cipria per evitare che la successiva applicazione del blush in polvere (9) causasse macchie e il lip rouge (10) sempre rigorosamente in accordo cromatico con il fard.
Siamo giunti alla fine di questo incredibile viaggio per il quale ringraziamo di cuore Antonio. Adesso prepariamo di nuovo i bagagli aspettando il prossimo. Siete pronti?
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Di Agnese De Martis